Il progetto esecutivo è uno strumento essenziale per garantire che le opere in muratura rispettino gli standard di qualità, durabilità e sicurezza richiesti in ogni ambito costruttivo, sia esso residenziale, commerciale o industriale. Oltre a definire i materiali e le tecniche da utilizzare, tale documentazione prevede infatti anche una pianificazione accurata di ogni fase del lavoro, dalla progettazione iniziale fino alla posa in opera e alle certificazioni finali.

L’adeguata e appropriata gestione di ciascuna di queste fasi è indispensabile per assicurare che la muratura costruita rispetti le opportune specifiche tecniche e normative, dimostrandosi una struttura solida, sicura e duratura nel tempo.

Cos’è il progetto esecutivo della muratura in blocchi e quali sono i suoi obiettivi

Il progetto esecutivo della muratura in blocchi è un documento tecnico che descrive in dettaglio tutte le fasi e le modalità di realizzazione di una muratura utilizzando blocchi prefabbricati, come blocchi di cemento, laterizio o calcestruzzo aerato autoclavato. Tale documentazione è essenziale per trasformare il progetto architettonico in un piano concreto e realizzabile, e rappresenta il passaggio successivo ai progetti preliminare e definitivo.

Gli obiettivi del progetto esecutivo della muratura in blocchi sono molteplici:

  • Definizione dei materiali: il progetto esecutivo specifica le tipologie di blocco che verranno utilizzate in funzione delle esigenze strutturali, termiche, acustiche ed estetiche dell’edificio. Come è noto, ogni soluzione ha infatti caratteristiche uniche che influenzano la resistenza, l’isolamento e l’efficienza energetica del manufatto.
  • Indicazioni della modalità di posa: dettaglia il modo in cui i blocchi dovranno essere posati, considerando spessori, tecniche di giunzione, modalità di ancoraggio e utilizzo di eventuali elementi accessori – come malte speciali o sistemi di isolamento.
  • Disegni tecnici dettagliati: include planimetrie e sezioni esecutive che illustrano la disposizione dei blocchi, le aperture per finestre e porte, e le eventuali soluzioni per angoli o giunti di dilatazione.
  • Coordinamento delle fasi di costruzione: pianifica le tempistiche di ogni fase del cantiere, dalla preparazione del suolo alla posa in opera, fino ai controlli qualità finali. Tale approccio consente di ottimizzare la logistica di cantiere e di coordinare correttamente le squadre di lavoro.
  • Conformità normativa: il progetto esecutivo garantisce che l’opera rispetti le normative vigenti in materia di sicurezza, isolamento termico e acustico, resistenza al fuoco (nel caso delle murature REI) e sostenibilità ambientale.
  • Verifiche e certificazioni: il documento prevede infine le modalità di verifica da attuare durante e dopo la costruzione dell’opera, con rilascio di certificazioni di corretta posa e conformità ai requisiti tecnici.

In sintesi, il progetto esecutivo della muratura in blocchi può essere definito come un documento guida che traduce il progetto architettonico in indicazioni pratiche e precise per la sua corretta esecuzione.

L’analisi preliminare del progetto

Dalla valutazione del contesto alla scelta delle soluzioni costruttive

L’analisi preliminare è, essenzialmente, il primo step per un’adeguata stesura di qualunque progetto esecutivo.

Tale fase prevede prima di tutto la valutazione delle condizioni specifiche del cantiere, comprese le caratteristiche ambientali, topografiche e normative del luogo di costruzione. In particolare, è importante comprendere la destinazione d’uso dell’edificio: nel caso di un immobile residenziale, bisognerà ad esempio individuare soluzioni che bilancino estetica e buon isolamento termoacustico; nel caso di un edificio commerciale o industriale, le priorità includeranno invece la resistenza meccanica, la durabilità e la sicurezza strutturale, con possibile esigenza di materiali particolari e tecniche costruttive specifiche.

Analizzato il cantiere, si procede alla scelta dei materiali per la muratura in blocchi che, come è noto, rientra tra le decisioni più cruciali in virtù della sua influenza sulle performance complessive dell’opera. Bisognerà pertanto valutare se la soluzione più adeguata sia il blocco in cemento alleggerito (molto adatto, ad esempio, alle murature REI o facciavista), il POROTON® (noto laterizio per la realizzazione di murature portanti o strutturali, sia monostrato che pluristrato), oppure il calcestruzzo aerato autoclavato (il miglior candidato per progetti che prestano particolare attenzione all’aspetto della sostenibilità ambientale).

Durante la fase di progettazione, vengono attentamente esaminate anche le soluzioni costruttive più adatte, tenendo conto delle indicazioni fornite dal progetto architettonico e strutturale. Tra gli aspetti chiave da valutare figurano:

  • La compatibilità tra il progetto architettonico nel complesso e le strutture in muratura ipotizzate.
  • Le tecniche di posa, non solo in termini di disposizione dei blocchi ma anche, ad esempio, di previsione di eventuali ampliamenti, modifiche o aperture.
  • La personalizzazione delle soluzioni in base alle esigenze del committente e alle caratteristiche strutturali del sito costruttivo.

Lo sviluppo del progetto esecutivo della muratura in blocchi

Successivamente all’analisi preliminare, si procede allo sviluppo del progetto esecutivo della muratura in blocchi: esso comprende innanzitutto la progettazione tecnica, essenziale a garantire che l’opera sia realizzata a regola d’arte.

In questa fase, vengono quindi definiti in modo approfondito tutti gli aspetti chiave della struttura, con particolare attenzione a:

  • Dimensionamento e specifiche tecniche: poiché è essenziale che ogni elemento della muratura venga dimensionato correttamente in base ai requisiti di carico e stabilità. Le specifiche tecniche definiscono i materiali e le modalità di posa, assicurando che ogni componente contribuisca alla resistenza complessiva della struttura.
  • Calcoli strutturali e verifiche normative: i calcoli strutturali sono necessari per valutare la capacità portante della muratura e la sua conformità con le normative vigenti, come quelle indicate nell’Eurocodice 6 (UNI EN 1996-1-1:2022) per le strutture in muratura. Questa fase consente anche di escludere la necessità di modifiche strutturali durante l’esecuzione, riducendo il rischio di errori e costi aggiuntivi​.
  • Cooperazione tra i vari specialisti coinvolti: una corretta progettazione tecnica richiede sempre la collaborazione tra architetti e ingegneri, al fine di garantire che il progetto rispetti sia le esigenze estetiche che le specifiche strutturali previste o desiderate. Questa fase assicura dunque che gli aspetti estetici si integrino perfettamente con la stabilità e la sicurezza della struttura.

Andranno poi realizzati i disegni esecutivi, che possono essere considerati la guida visiva per la realizzazione della muratura e svolgono un ruolo fondamentale nella sua pianificazione. I disegni includono:

  • Piante, prospetti e sezioni: forniscono una visione completa della disposizione delle murature, delle aperture per porte e finestre e delle giunzioni critiche. Le sezioni mostrano anche i dettagli interni della struttura, aiutando a coordinare le connessioni tra i diversi elementi​.
  • Dettagli costruttivi: sono disegni di dettaglio che illustrano le tecniche di assemblaggio per punti critici come giunti di dilatazione, aperture e angoli. Hanno lo scopo di fornire istruzioni chiare per la fase di posa, riducendo al minimo le incertezze durante l’esecuzione della muratura.

Soltanto successivamente alla stesura di questa complessa e articolata documentazione si procederà alle fasi più “pratiche” della realizzazione: preparazione del cantiere, costruzione della muratura in blocchi, verifica finale, certificazione della posa e gestione documentale per garantire la tracciabilità dei materiali e la conformità alle normative vigenti.

In definitiva, il progetto esecutivo della muratura in blocchi è da considerarsi un documento tecnico di fondamentale importanza per la realizzazione di un’opera edilizia di qualità. Oltre a garantire che ogni fase del progetto venga pianificata in modo dettagliato, esso assicura infatti che tutte le specifiche tecniche, dai materiali alle modalità di posa, vengano definite a monte con assoluta precisione, minimizzando il rischio di errori in cantiere.

Seguendo tali linee guida, sarà possibile realizzare murature solide, durevoli e conformi alle normative, garantendo al tempo stesso un’efficienza costruttiva che rispetti i tempi e i costi previsti.

Per scoprire di più sulle murature in blocchi ti invitiamo a scoprire il nostro manuale digitale sull’argomento, una risorsa esaustiva e interessante che approfondisce la tematica per offrirne una panoramica completa.

Leader nella progettazione esecutiva e realizzazione delle murature in blocchi

Fondata nel 2010, Cubo si avvale di oltre trent’anni di esperienza nella posa di murature in blocchi e pavimentazioni esterne per molteplici applicazioni, dai contesti residenziali a quelli industriali. Grazie a un approccio chiavi in mano, Cubo gestisce ogni fase del progetto, dalla scelta e approvvigionamento dei materiali fino alla supervisione tecnica del cantiere e alla certificazione della posa, assicurando sempre il rispetto delle specifiche progettuali e delle normative.

La presa in carico del progetto esecutivo delle murature in blocchi permette a Cubo di offrire soluzioni ottimali per ogni tipologia di edificio, sia esso residenziale, commerciale o industriale, assicurando risultati di alta qualità e piena soddisfazione del committente.

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I Criteri Ambientali Minimi (CAM) sono requisiti ecologici stabiliti dal Ministero dell’Ambiente per guidare le Pubbliche Amministrazioni verso acquisti più sostenibili. In termini pratici, si tratta di norme che prendono in considerazione l’intero ciclo di vita di un prodotto o servizio, inclusi smaltimento e trasparenza della filiera produttiva.

In Italia, l’efficacia dei CAM è garantita dalla Legge 221/2015 e dal D.lgs. 50/2016, che obbligano gli appaltanti a includere specifiche tecniche e clausole contrattuali basate sui criteri ambientali minimi in tutti i bandi, indipendentemente dal valore dell’appalto.

Ogni CAM è progettato per essere applicato a specifiche categorie merceologiche e include normative di riferimento, procedure di gara, criteri di selezione e metodi di verifica a garanzia della conformità ai requisiti ambientali.

Gli obiettivi principali dei CAM

I CAM non solo puntano a ridurre l’impatto ambientale nel suo complesso, ma anche a promuovere modelli di consumo più sostenibili, contribuendo alla razionalizzazione dei costi della Pubblica Amministrazione. I loro obiettivi fondamentali possono quindi essere sintetizzati in quattro punti chiave:

  • Promuovere la sostenibilità: i criteri ambientali minimi hanno lo scopo di favorire l’acquisto di beni e servizi che rispettano elevati standard ecologici, e dunque di coadiuvare un utilizzo più responsabile delle risorse naturali.
  • Integrare aspetti ambientali nei processi di appalto: i CAM sono integrati nei documenti di gara e nelle procedure di aggiudicazione, di fatto rendendo obbligatori particolari criteri di sostenibilità per le offerte.
  • Favorire l’innovazione: l’applicazione dei criteri ambientali minimi incoraggia le aziende a sviluppare prodotti e servizi più innovativi e sostenibili, in modo che rispettino le normative ambientali.
  • Ridurre l’impatto sull’ambiente: ovviamente, i CAM hanno anche lo scopo di tutelare l’ambiente, riducendo l’inquinamento, il consumo di energia e la produzione di rifiuti.

Nozioni più estese rispetto ai criteri ambientali minimi sono disponibili a questa pagina pubblicata sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Qualche cenno sui CAM per l’Edilizia

Per comprendere l’importanza dei criteri ambientali minimi in relazione alle murature, è necessario offrire alcune delucidazioni più specifiche relative ai cosiddetti CAM per l’edilizia, introdotti con il D.M. 11 ottobre 2017 e progettati per ridurre l’impatto ambientale durante la costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli edifici.

Nell’ottica dei macro-obiettivi illustrati in precedenza, anche questi CAM (che si applicano a tutti gli interventi edili, come costruzioni, demolizioni, ristrutturazioni urbanistiche, sostituzioni, restauri e manutenzioni) puntano a ridurre l’impatto ambientale nel settore edilizio, in assoluto uno dei più inquinanti, promuovendo un’economia circolare attraverso la valutazione del ciclo di vita (LCA) degli edifici e incoraggiando l’adozione di metodologie di valutazione LCA per ottimizzare le soluzioni progettuali più sostenibili.

È importante ribadire che il concetto di “sostenibilità” non è qui inteso solo in termini di efficienza energetica, ma tocca anche aspetti ambientali, economici e sociali per minimizzare l’impatto complessivo degli edifici e utilizzare le risorse in maniera efficiente e circolare, dalle fasi di costruzione e gestione fino allo smaltimento o riciclo dei materiali.

I CAM Edilizia sono suddivisi in tre macro-categorie in base alla fase del contratto:

  1. Criteri per l’affidamento dei servizi di progettazione di interventi edilizi
  2. Criteri per l’affidamento dei lavori di costruzione
  3. Criteri per l’affidamento congiunto di progettazione e lavori

L’articolo 57 del D. Lgs. 36/2023 stabilisce che nella documentazione di progetto e di gara debbano sempre essere incluse le specifiche tecniche e le clausole contrattuali previste dai criteri ambientali minimi (i CAM sono quindi obbligatori). Tali criteri sono definiti per diverse categorie di appalti e concessioni e possono essere differenziati, se tecnicamente appropriato, in base al valore dell’appalto o della concessione.

La valutazione dei costi-benefici, tramite il metodo Life Cycle Costing (LCC), è fondamentale prima di avviare nuovi progetti. In particolare, dovrebbe essere esaminata la possibilità di recuperare edifici esistenti e di localizzare nuove costruzioni in aree già urbanizzate. Protocolli di sostenibilità come Breeam e Leed possono inoltre essere adottati per garantire che i progetti rispettino i CAM.

È anche opportuno precisare che, durante l’esecuzione, l’appaltatore dovrà attuare un sistema di gestione ambientale, dimostrando la conformità ai CAM tramite una relazione tecnica. L’appaltante potrà, per contro, applicare sanzioni in caso di obiettivi non raggiunti o violazioni dei diritti sociali.

Infine, i bandi di gara possono includere criteri premianti per incentivare proposte a basso impatto ambientale. La conformità alla norma ISO 14021 e le certificazioni EPD e ReMade in Italy attestano ad esempio il rispetto dei CAM e il contenuto di materiali riciclati, favorendo una maggiore possibilità di successo nelle gare d’appalto. Allo stesso modo, la progettazione in BIM riceve un punteggio aggiuntivo se incorpora dati ambientali, poiché consente di verificare il rispetto dei CAM confrontando i materiali utilizzati con quelli prescritti dalle specifiche tecniche.

I CAM applicati alle murature: una scelta evoluta e sostenibile

Come indicato sul sito web di ReMadeinItaly, le murature rientrano nella lista dei materiali da costruzione regolamentati dai Criteri Ambientali Minimi (CAM), che stabiliscono requisiti per garantire la sostenibilità ambientale nel settore edilizio. In particolare, i CAM richiedono che i materiali da costruzione, tra cui le murature, abbiano un impatto ridotto sull’ambiente e soddisfino caratteristiche quali l’uso di risorse riciclate e la riduzione delle emissioni nocive.

Ecco qualche specifica in più relativamente ai requisiti delle murature:

  • Contenuto di materiale riciclato: le murature in laterizi devono contenere almeno il 15% di materiale riciclato sul totale del peso di tutti i materiali utilizzati nell’opera, promuovendo così il recupero delle materie prime e la sostenibilità.
  • Limiti delle emissioni: i materiali utilizzati per le murature (come mattoni e blocchi) devono rispettare specifici limiti di emissioni inquinanti al fine di ridurre l’impatto sull’aria interna e l’ambiente durante il ciclo di vita dell’edificio.
  • Certificazioni: per dimostrare la conformità dei materiali da muratura ai CAM, questi devono essere accompagnati da certificazioni ambientali come la EPD (Dichiarazione Ambientale di Prodotto) o altre certificazioni equivalenti, come ReMade in Italy, che attestano il contenuto di materiale riciclato.
  • Provenienza dei materiali: i CAM promuovono l’uso di materiali da costruzione provenienti da una distanza massima di 150 km dal cantiere, ossia che riducono le emissioni legate al trasporto.

Le murature “sostenibili” offrono ovviamente diversi benefici oggettivi: riduzione dell’impatto ambientale durante la produzione e l’utilizzo, migliore isolamento termico e acustico che favorisce l’efficienza energetica degli edifici, e incentivi nelle gare d’appalto. Quest’ultimo punto si riferisce al fatto che i progetti che utilizzano murature conformi ai CAM possono beneficiare dei già citati punteggi premianti nei bandi pubblici.

Le pavimentazioni autobloccanti sono una specifica tipologia di pavimento per esterni composta da blocchi progettati per incastrarsi tra loro senza l’impiego di malta o adesivi. Realizzati generalmente in cemento, questi elementi possono avere diverse forme e dimensioni, e vengono posati secondo vari schemi (qui il nostro approfondimento in merito) in modo da costituire una superficie solida, durevole e sicura.

Le peculiarità che contraddistinguono le pavimentazioni autobloccanti sono svariate. Tra queste, le più determinanti includono:

  • Facilità di installazione: poiché i blocchi si incastrano tra loro senza necessità di malta o adesivi, la loro posa è relativamente semplice e veloce. È inoltre versatile: questi sistemi possono infatti essere installati anche su un letto di sabbia o ghiaia, in un sistema definito “a secco” perché le betonelle vengono semplicemente appoggiate su un fondo di materiale inerte accuratamente compattato.
  • Flessibilità: i blocchi autobloccanti sono disponibili nelle più svariate forme, dimensioni e colori. Tale flessibilità produttiva, abbinata agli innumerevoli schemi di posa possibili, li rende una soluzione ideale per il progettista che desidera beneficiare di massima libertà creativa, per esempio realizzando design personalizzati e motivi decorativi.
  • Robustezza e durabilità: le pavimentazioni autobloccanti sono molto resistenti e possono sopportare carichi anche piuttosto gravosi, un vantaggio che li rende adatti per pavimentare vialetti, parcheggi, piazze e altre aree pedonali o carrabili.
  • Semplicità di manutenzione: nell’eventualità di danni a uno o più blocchi, e laddove il rivestimento sia stato posato in modo corretto, è possibile sostituire rapidamente il singolo elemento senza intervenire su tutta la pavimentazione.
  • Drenaggio: esistono particolari tipologie di pavimentazioni autobloccanti (chiamate drenanti e filtranti) progettate per massimizzare il deflusso delle acque meteoriche, riducendo il rischio di allagamenti e contribuendo a una migliore gestione delle acque piovane.
  • Estetica: le pavimentazioni autobloccanti sono soluzioni molto gradevoli dal punto di vista estetico perché caratterizzate da un look pulito e minimalista, e possono inoltre imitare l’aspetto di materiali più pregiati come la pietra naturale o il mattone.

Le pavimentazioni autobloccanti possono essere installate nei contesti più diversi: vialetti e percorsi pedonali, parcheggi e aree di sosta, piazze e spazi pubblici in outdoor, aree residenziali e cortili e strade a viabilità leggera o media. Sono particolarmente indicate per aree a traffico pedonale e a traffico veicolare moderato, e possono essere utilizzate anche per una più efficace gestione delle acque piovane.

Va da sé che, al fine di garantire tutti i vantaggi finora elencati e assolvere al meglio le sue funzioni, la pavimentazione autobloccante deve essere posata a regola d’arte. La qualità della sua installazione influenza infatti non soltanto l’impatto estetico complessivo della superficie, ma anche la sua funzionalità, sicurezza e durata nel tempo.

Come avviene la posa a regola d’arte delle pavimentazioni autobloccanti

La tecnica di posa ideale per le pavimentazioni autobloccanti utilizza attrezzature specifiche e si compone di fasi sequenziali al fine di garantire velocità, precisione e un eccellente risultato finale. Una posa meccanica di qualità delle pavimentazioni autobloccanti deve infatti assicurare la realizzazione di una superficie ben allineata, livellata e stabile, con un corretto sistema di drenaggio e una rifinitura precisa.

La prima fase comporta la preparazione del sottofondo, che dovrà essere ben compattato e livellato per evitare movimenti dei blocchi e garantire una superficie stabile. Sarà anche opportuno realizzare un adeguato sistema di drenaggio per prevenire pericolosi accumuli d’acqua sotto la pavimentazione (la risetta, ad esempio, è un fine inerte che ben sia adatta alla funzione di strato di allettamento per i blocchi e, proprio in virtù della sua capacità drenante, rappresenta una buona alternativa alla sabbia). A questo scopo si utilizza in genere del geotessuto che, disteso sul sottofondo (o addirittura prima della stesura del sottofondo, casomai fosse necessario migliorare la ripartizione di carico di quest’ultimo), riduce il rischio di crescita di piante infestanti tra i blocchi.

È poi essenziale prestare massima attenzione all’uniformità dei blocchi, che devono essere posati in modo preciso, allineato e a distanza uniforme. Essi dovranno essere inoltre livellati per evitare dislivelli e irregolarità sulla superficie finita, che potrebbero generare problemi alla viabilità e inficiare la durata del manufatto.

Per ottemperare a quanto sopra, si utilizzano macchine specifiche – come le pavimentatrici, adatte alla posa di tutte le varietà di autobloccanti oggi disponibili in commercio e ideali anche per pavimentare aree medio-grandi – al fine di garantire una distribuzione uniforme e una posa precisa, e i compattatori verticali o a piastra vibrante per assicurare un’ottima compattazione e stabilità del sottofondo.

Nella fase successiva alla posa, è essenziale rifinire i giunti con sabbia o altro materiale appropriato per stabilizzare la pavimentazione, e rimuovere eventuali detriti e residui di materiali in modo che la superficie risulti pulita e uniforme.

La fase conclusiva della realizzazione di una pavimentazione autobloccante comporta la verifica visiva del manufatto per identificare eventuali anomalie e difetti, come blocchi non allineati o irregolarità, e l’impiego di strumenti di misura per accertare che le distanze tra i blocchi e i livelli siano pienamente conformi agli standard.

Infine, è sempre opportuno effettuare test di resistenza della pavimentazione al traffico e alle condizioni ambientali e verificare che il sistema non richieda interventi di manutenzione frequenti, ossia che le sue prestazioni siano effettivamente stabili nel tempo.

Quando una pavimentazione autobloccante non è realizzata correttamente

Quando una pavimentazione autobloccante non è realizzata correttamente, possono verificarsi diversi problemi che compromettono sia l’estetica sia la funzionalità della superficie.

Tra le criticità più comuni che è possibile riscontrare in questi casi figurano la presenza di irregolarità sulla superficie (che mostrerà dislivelli, avvallamenti, ondulazioni o aree rialzate, ma anche blocchi disallineati rispetto allo schema di posa), movimento e instabilità dei blocchi, presenza di crepe e fessurazioni tra i blocchi o sui blocchi stessi, accumuli d’acqua (risultato di un inadeguato drenaggio, che può generare anche erosione del sottofondo e quindi causare ulteriori problemi di instabilità), e difficoltà di manutenzione e riparazione.

Tra i “campanelli d’allarme” che potrebbero suggerire la posa non corretta di una pavimentazione autobloccante citiamo:

  • Rumori insoliti e vibrazioni durante l’uso della superficie, che potrebbero indicare un compattamento scorretto del sottofondo.
  • Alterazioni visive, che possono segnalare una posa inadeguata dei blocchi o, di nuovo, un compattamento non idoneo del letto.
  • Misurazioni errate in termini di allineamento e altezza dei blocchi.

L’importanza del sottofondo (ma non solo) nella posa dei pavimenti autobloccanti

Al fine di garantire una posa ottimale del pavimento autobloccante ed evitare pericolosi cedimenti, prestare particolare attenzione alla qualità del sottofondo è essenziale: questo elemento è infatti lo “strato” che si interpone tra blocchi e terreno e che funge da garante per un’adeguata e costante planarità del rivestimento, grazie alla sua capacità di distribuire il carico.

In genere, l’esecuzione a regola d’arte del sottofondo prevede che la rimozione di uno strato di terreno di circa 30 centimetri per poi sostituirlo con inerte stabilizzato: la granulometria di quest’ultimo tenderà a diminuire dal basso verso l’alto, ossia dal terreno (granulometria di 5-8 cm) al piano di posa dei blocchi (granulometria di 1 cm). L’inerte dovrà poi essere spianato, rullato e bagnato in modo che possa incrementare la propria compattezza.

Dopo aver completato il sottofondo, è essenziale fissare i bordi degli autobloccanti utilizzando opportuni cordoli, che potranno essere costituiti da profili in cemento o da piccoli muri in pietra o porfido.

La bordatura laterale ha lo scopo di mantenere il pavimento nella sua corretta posizione: poiché i blocchi sono solo appoggiati e non incollati, è infatti necessario un elemento di contenimento lungo il perimetro per assicurare che il pavimento rimanga ben ancorato.

Ricordiamo anche che, per circa due o tre mesi dopo l’installazione, la pavimentazione dovrebbe rimanere coperta di sabbia per un ottimale assestamento. La sabbia dovrebbe essere sparsa regolarmente sulla superficie per favorirne la distribuzione nelle fessure tra i blocchi.

È poi consigliabile applicare un diserbante un paio di volte all’anno per eliminare erbe infestanti e muschio, soprattutto nei lati a nord. Anche se il geotessuto riduce la crescita delle infestanti, non la elimina completamente. Infine, è assolutamente normale che il colore dell’autobloccante schiarisca con il tempo. Tale variazione, che può essere compresa tra l’1% e il 3%, è infatti una caratteristica tipica di questo tipo di pavimentazione.

CUBO è specializzata nella progettazione architettonica e strutturale e nella posa a regola d’arte di pavimentazioni in masselli autobloccanti, una soluzione che – come precedentemente evidenziato – si rivela ottimale per le più svariate applicazioni esterne, da quelle residenziali a quelle commerciali, da quelle urbane a quelle industriali. Scopri maggiori informazioni sul servizio ed entra in contatto con i nostri esperti per ricevere una consulenza sul tuo progetto.

Nell’ampio e articolato panorama delle pavimentazioni esterne, i grigliati erbosi (talvolta chiamati anche “grigliati salvaprato”) sono considerati a ragione una soluzione versatile e funzionale. Realizzati in calcestruzzo ad alta resistenza, questi elementi sono specificamente progettati per favorire la crescita dell’erba e ottimizzare il drenaggio delle acque piovane grazie alla presenza di appositi interstizi, nei quali si alloggiano terriccio ed erba fino a creare un prato naturale perfettamente calpestabile e carrabile

In più, oltre a conferire un aspetto estetico gradevole alle superfici orizzontali nei contesti pubblici e privati, i grigliati erbosi svolgono un ruolo fondamentale nella gestione sostenibile delle aree urbane, poiché contribuiscono alla riduzione dell’impatto ambientale e migliorano qualità e fruibilità degli spazi pubblici.

La corretta manutenzione dei grigliati erbosi è cruciale per garantire la loro performance e durata nel tempo. In questo articolo, ci proponiamo di esplorarla in maggiore dettaglio, sottolineando il suo ruolo centrale nel mantenimento delle proprietà strutturali e funzionali della pavimentazione. In sintesi, ciò significa che un grigliato erboso correttamente gestito potrà promuovere la crescita vegetativa e gestire le acque piovane per lungo tempo e in modo efficace.

Le applicazioni e i vantaggi dei grigliati erbosi

I grigliati erbosi si dimostrano pavimentazioni particolarmente versatili, tanto da trovare impiego in diverse applicazioni outdoor grazie alla loro capacità di combinare sinergicamente una superficie carrabile con un aspetto naturalmente verde ed efficaci caratteristiche drenanti.

L’impiego dei grigliati erbosi è indicato nei parcheggi all’aperto, dove queste pavimentazioni garantiscono la circolazione sicura dei veicoli associata a un’estetica verde e naturale; nei giardini, sia pubblici che privati, dove rappresentano un’ottima soluzione estetica e funzionale per realizzare aree verdi accessibili; e nelle aree pedonali, dove garantiscono una superficie sicura e drenante per il camminamento delle persone. Inoltre, si rivelano ottimali per la realizzazione di rampe carrabili, stradelli privati, posti auto scoperti, aree circostanti gli alberi, e persino per il consolidamento di terreni, scarpate e sponde stradali.

L’aspetto prettamente decorativo dei grigliati erbosi, con erba naturale che cresce liberamente nelle parti vuote degli elementi in calcestruzzo, risolve inoltre in modo efficace il dilemma tra l’esigenza di pavimentazioni carrabili e l’ormai imperante necessità di mantenere aree verdi in città.

Per quanto riguarda i vantaggi garantiti dalle pavimentazioni in grigliati erbosi, essi sono diversi e oggettivi:

  • Superficie sia carrabile che verde: questi elementi costruttivi combinano la capacità di sostenere il peso dei veicoli con una crescita naturale e controllata del manto erboso.
  • Drenaggio efficiente: i grigliati erbosi favoriscono un rapido ed efficace drenaggio dell’acqua nel terreno sottostante, riducendo il rischio di ristagno e dunque i pericolosi fenomeni di aquaplaning per i veicoli.
  • Integrazione naturale tra urbanistica e natura: il sistema consente una piena e ottimale integrazione tra gli elementi in calcestruzzo e i naturali processi di crescita vegetativa.
  • Aderenza ottimale: dal momento che i grigliati erbosi carrabili sono costituiti da masselli in calcestruzzo, l’aderenza degli pneumatici alla pavimentazione è ottimale e l’affondo nel fango che si verificherebbe su un comune manto erboso totalmente evitato.
  • Elevata resistenza: le caratteristiche tecniche del calcestruzzo rendono le pavimentazioni esterne in grigliati salvaprato particolarmente robuste e resistenti alle sollecitazioni meccaniche.
  • Lunga durata nel tempo: grazie alle straordinarie qualità tecniche del calcestruzzo, i grigliati erbosi resistono ottimamente all’azione degli agenti atmosferici, ai cicli di gelo e disgelo e all’usura, mantenendo nel tempo le loro caratteristiche strutturali.
  • Facilità di posa e di eventuale rimozione: l’installazione di questi sistemi è semplice ed efficiente e la loro rimozione è altrettanto agevole, a garanzia di un’eccellente flessibilità progettuale.
  • Ecosostenibilità: l’impiego dei grigliati erbosi, soprattutto in aree urbane, favorisce una maggiore sostenibilità ambientale e un’efficace salvaguardia della natura grazie alla promozione della vegetazione e al drenaggio naturale delle acque.
  • Riduzione dell’effetto isola di calore: i grigliati erbosi contribuiscono a ridurre l’effetto isola di calore grazie alla vegetazione che cresce nelle loro aperture.

Cos’è l’intasamento dei grigliati erbosi, da cosa è provocato e a quali conseguenze porta

L’intasamento dei grigliati erbosi si verifica quando le aperture tra i blocchi o le griglie vengono riempite o parzialmente ostruite da detriti, crescita eccessiva di erba o altri materiali. Si tratta di un fenomeno comune e fisiologico, ma comunque da considerare attentamente in fase manutentiva poiché, se non correttamente gestito, rischia di compromettere la capacità drenante e l’efficienza complessiva del sistema.

Le cause comuni dell’intasamento dei grigliati erbosi includono l’accumulo di detriti come foglie, rami, sedimenti e altri materiali nelle aperture dei grigliati; la crescita incontrollata dell’erba, che finisce con l’ostacolare il drenaggio dei grigliati; e la mancanza di manutenzione, intesa come pulizia inadeguata o interventi preventivi insufficienti, che può portare alle due conseguenze precedentemente elencate.

Come accennato, l’intasamento dei grigliati erbosi è legato all’insorgenza di problematiche significative, che possono essere così riassunte:

  • Riduzione della capacità drenante: in pavimentazioni esterne di questo tipo, le aperture intasate limitano la capacità dei grigliati di drenare l’acqua nel terreno sottostante. Ciò può portare a ristagni d’acqua e a problemi di drenaggio nelle aree circostanti.
  • Danni strutturali e degrado del materiale: l’accumulo di detriti e la ritenzione di umidità possono causare danni alla struttura dei grigliati erbosi, compromettendo la loro resistenza e durabilità nel tempo.
  • Alterazioni nell’estetica e nella funzionalità: un intasamento visibile compromette l’aspetto estetico dei grigliati erbosi e l’armonia visiva complessiva dell’area pavimentata. Inoltre, l’inefficienza nel drenaggio può influenzare negativamente l’uso e la sicurezza dell’area.

Come si gestisce e si previene l’intasamento dei grigliati erbosi

L’adozione di pratiche di manutenzione regolari è la prima e fondamentale strategia per prevenire il problema dell’intasamento nelle pavimentazioni con grigliati erbosi.

La pulizia periodica dovrà innanzitutto prevedere la rimozione dei detriti e delle erbacce dalle aperture dei grigliati, e dovrà essere associata a un regolare controllo della crescita vegetativa: ciò significa che sarà necessario provvedere al mantenimento del manto erboso e delle eventuali piante attorno ai grigliati, in modo da evitare che questi invadano le aperture.

Per un’efficace gestione dell’intasamento, è però altrettanto importante l’applicazione di specifici sigillanti, che contribuirà a proteggere i grigliati erbosi e ne faciliterà la pulizia prolungandone la vita utile, mantenendone inalterate funzionalità ed estetica, e garantendo una pavimentazione esterna sicura, durevole e gradevole.

Cos’è e come avviene la sigillatura dei grigliati erbosi

Come indicato, il processo di sigillatura dei grigliati erbosi – che può essere descritto come l’applicazione di un sigillante protettivo sulle superfici dei grigliati – è essenziale per garantire la loro longevità e l’ottimale mantenimento delle loro funzioni. Si tratta infatti di una procedura che aiuta a prevenire l’intasamento, migliora il drenaggio e protegge la struttura da eventuali danni.

La prima fase del processo prevede la pulizia e l’ispezione della pavimentazione: con l’ausilio di attrezzi manuali, soffiatori o aspiratori si procederà a rimuovere foglie, rami, sedimenti e altri detriti dalle aperture dei grigliati erbosi, assicurandosi che tutte le fessure e le aperture siano libere da ostruzioni.

Lo step successivo comporta l’impiego di un’idropulitrice per una pulizia ancora più approfondita delle aperture, al fine di rimuovere eventuali fanghi o detriti più ostinati. Successivamente, l’area dovrà essere lasciata asciugare con cura.

Ad area totalmente pulita e asciutta, si procederà quindi alla verifica dell’integrità strutturale dei grigliati, prestando particolare attenzione all’eventuale presenza di crepe, danni o segni di usura che potrebbero necessitare di interventi di riparazione prima della sigillatura vera e propria (ad esempio con la sostituzione dei masselli danneggiati o con il riempimento delle crepe).

Il sigillante utilizzato sui grigliati erbosi dovrebbe essere preferibilmente a base resinosa, in modo da garantire flessibilità, durevolezza e adeguata resistenza agli agenti atmosferici. La preparazione del prodotto potrebbe includere fasi di miscelazione e attivazione; pertanto, si suggerisce di seguire accuratamente le istruzioni riportare sulla scheda tecnica.

Di norma, l’applicazione del sigillante – ossia il processo di sigillatura vero e proprio – avviene con l’ausilio di spatole, rulli o pennelli a seconda della consistenza del prodotto e delle dimensioni dell’area da trattare. Il sigillante andrà applicato sempre in modo uniforme su tutta la superficie dei grigliati erbosi, in modo che penetri adeguatamente nelle fessure: al fine di ottenere questo risultato, potrebbe essere necessaria l’applicazione di più strati, che dovrà però avvenire soltanto previa asciugatura dello strato precedente.

Successivamente alla sigillatura, il grigliato erboso non dovrà essere calpestato né utilizzato fino alla completa asciugatura del prodotto. Post-intervento, sarà invece opportuno effettuare una manutenzione regolare della pavimentazione, sia mantenendo l’area pulita da detriti, sia tagliando l’erba con frequenza periodica, sia ispezionando lo stato del sigillante e l’integrità dei grigliati.

Al contrario, sarà invece opportuno evitare di utilizzare detergenti aggressivi o prodotti chimici che potrebbero danneggiare il sigillante (e, ovviamente, l’erba), così come strumenti abrasivi che potrebbero graffiare o danneggiare la superficie sigillata.

Cubo: punto di riferimento per le pavimentazioni esterne

Cubo è specializzata sia nella progettazione architettonica che nella realizzazione del “pacchetto strutturale” per pavimentazioni esterne, che includono masselli autobloccanti, grigliati erbosi, superfici drenanti e piastre. Oltre alle pavimentazioni esterne, Cubo offre soluzioni complementari come sistemi per la raccolta di acque piovane, cordoli, muri di contenimento e altre infrastrutture.

Similmente a quanto avviene per le murature, anche per le pavimentazioni Cubo gestisce completamente la direzione dei lavori, occupandosi delle maestranze (grazie ai novanta dipendenti dell’azienda), della logistica di cantiere (inclusi sopralluoghi, assistenza tecnica e approvvigionamento dei materiali), della supervisione tecnica dei lavori e del coordinamento della sicurezza sia in fase di progetto (CSP) che in fase di esecuzione (CSE).

Entra in contatto con i nostri esperti per richiedere una consulenza.

Ci sono grandi novità in casa CUBO: siamo stati infatti recentemente insigniti della prestigiosa Certificazione EPD (Environmental Product Declaration) per il nostro servizio di posa in opera.

Si tratta di un traguardo particolarmente prestigioso, non soltanto perché conferma la qualità della nostra proposta, ma anche perché CUBO è la prima azienda in Europa a ottenere tale attestazione per il servizio.

Cos’è la Certificazione EPD e perché è così importante

La Certificazione EPD (Environmental Product Declaration) è uno strumento di valutazione ambientale che fornisce informazioni obiettive, chiare e verificabili sui potenziali impatti ambientali di un prodotto o di un servizio durante il suo intero ciclo di vita.

L’importanza della Certificazione EPD non è legata soltanto all’attestazione della sostenibilità di un prodotto o di un servizio, ma va anche osservata nel contesto di una fase storica in cui produttori e consumatori sono sempre più coscienti dell’impatto ambientale di determinati processi: i primi, con l’obiettivo di formulare soluzioni progressivamente più sostenibili; i secondi, con il fine ultimo di acquistare in modo più consapevole e responsabile.

In questo complesso scenario, si rivela quindi fondamentale provvedere alla dichiarazione ambientale di prodotti e servizi e ottenere una certificazione che possa confermarla.

In termini pratici, la Certificazione EPD è un documento ufficiale che offre dati e informazioni relativamente alle performance ambientali di un prodotto o servizio. È quindi definibile come una vera e propria “etichetta ambientale” (nello specifico di Tipo III), che ha lo scopo di descrivere l’impatto che una determinata soluzione ha sull’ambiente attraverso il report dettagliato del suo consumo di risorse ed energia; dell’entità delle sue emissioni atmosferiche; della sua produzione di rifiuti e scarichi nei corpi idrici.

Come accennato in precedenza, la Certificazione EPD è particolarmente prestigiosa perché contiene nozioni:

  • Obiettive, ossia risultato di test e analisi scientifiche.
  • Credibili, ossia risultato dell’applicazione delle norme ISO.
  • Confrontabili, ossia in grado di favorire il confronto tra prodotti o servizi definibili come equivalenti.

La Certificazione EPD segue le regole di un Program Operator che, a sua volta, opera in accordo con la normativa UNI EN ISO 14025. L’attestazione rientra inoltre tra le politiche ambientali comunitarie che hanno l’obiettivo di integrare strumenti e metodologie in grado di ridurre l’impatto ambientale legato al ciclo di vita di prodotti e servizi.

L’utilità della Certificazione EPD è duplice: da un lato, favorisce relazioni Business to Business sempre più virtuose grazie alla fornitura di informazioni chiare e oggettive, utili al calcolo ambientale di un prodotto o servizio; dall’altro, permette ai consumatori finali di compiere scelte d’acquisto informate, dal momento che esplica in modo comprensibile le performance ambientali dei beni offerti.

Le aziende che conseguono la Certificazione EPD – che è un’attestazione volontaria e caratterizzata da valenza internazionale – scelgono quindi di certificare la sostenibilità ambientale della loro proposta di business. Al fine di ottenere l’EPD, l’organizzazione dovrà compiere un percorso di certificazione che comporta la verifica da parte di un ente terzo e indipendente.

A certificazione ottenuta, l’azienda potrà incrementare in modo significativo le proprie prospettive di business e di ottenere protocolli di sostenibilità.

A cosa contribuisce la certificazione EPD

La Certificazione EPD contribuisce a diversi aspetti legati alla sostenibilità e alla gestione ambientale dell’azienda certificata. Quest’ultima non soltanto soddisfa i requisiti ambientali richiesti per partecipare agli appalti pubblici e dimostra la propria conformità ai CAM (Criteri Ambientali Minimi), potendo accendere agli incentivi statali, ma garantisce anche ulteriori vantaggi:

  • Criterio per le certificazioni: le EPD possono essere utilizzate come criterio per ottenere varie certificazioni ambientali e di sostenibilità, come LEED® (Leadership in Energy and Environmental Design), BREEAM (Building Research Establishment Environmental Assessment Method), e altri standard per gli edifici sostenibili.
  • Trasparenza ambientale: la certificazione offre informazioni trasparenti e verificate sull’impatto ambientale di un prodotto o di un servizio lungo il suo intero ciclo di vita.
  • Supporto alle decisioni d’acquisto: la certificazione permette ai consumatori e agli acquirenti di valutare e confrontare diverse opzioni di prodotto o servizio in base al loro impatto ambientale, facilitando decisioni d’acquisto più consapevoli.
  • Miglioramento della sostenibilità di prodotti e processi: l’analisi condotta per ottenere una EPD porta in molti casi a identificare opportunità di miglioramento dei processi produttivi per ridurre l’impatto ambientale complessivo di un prodotto o manufatto.
  • Comunicazione aziendale: le EPD forniscono alle aziende uno strumento di comunicazione efficace per dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità ambientale e la trasparenza nei confronti dei clienti e delle parti interessate.

Le aziende che, come CUBO, scelgono di intraprendere il percorso di Certificazione EPD, dimostrano dunque volontariamente e in modo trasparente il loro impegno e contributo per un futuro più ecosostenibile.

CUBO: primi in Europa a ottenere la Certificazione EPD per un servizio

Come accennato, la Certificazione EPD conseguita da CUBO è relativa al servizio di posa in opera. Sebbene infatti questa attestazione sia spesso associata ai prodotti, la sua estensione ai servizi è possibile e la nostra azienda è la prima in Europa a ottenerla.

Per ottenere la Certificazione EPD per un servizio, è necessario completare un percorso che coinvolge diverse fasi sequenziali:

  • Definizione del servizio: questo step comporta l’identificazione chiara del servizio offerto, inclusi gli aspetti chiave del processo e delle attività che esso comporta.
  • Analisi del ciclo di vita (LCA) del servizio: implica la valutazione dettagliata degli impatti ambientali del servizio da certificare attraverso l’analisi scientifica del suo ciclo di vita, in tutte le sue fasi.
  • Raccolta dei dati: relativamente alle diverse fasi del ciclo di vita del servizio. Tali informazioni possono includere consumi energetici, emissioni di gas serra, impiego delle risorse ed eventuali ulteriori impatti ambientali pertinenti.
  • Elaborazione e verifica dei dati raccolti: col fine ultimo di ottenere un quadro complessivo degli impatti ambientali del servizio. Tali dati vengono successivamente verificati per assicurare la loro massima affidabilità e accuratezza.
  • Sviluppo dell’EPD: successivamente alla verifica dei dati, si procede allo sviluppo del documento di Certificazione EPD relativamente al servizio analizzato. Il documento, come già indicato, fornisce informazioni trasparenti e oggettive sull’impatto ambientale utilizzando indicatori specifici.
  • Certificazione e dichiarazione: l’EPD per il servizio viene sottoposto a un processo di certificazione da parte di organismi accreditati, che ne verificano la conformità agli standard e le metodiche impiegate nell’analisi del ciclo di vita.
  • Comunicazione e trasparenza: a certificazione ottenuta, l’azienda che fornisce il servizio può utilizzare l’EPD come strumento di comunicazione per dimostrare il proprio impegno verso la sostenibilità ambientale e renderlo disponibile al pubblico per garantire trasparenza.

In conclusione, CUBO può ora fregiarsi di una prestigiosa attestazione che, in modo standardizzato e riconosciuto a livello internazionale, conferma l’orientamento della nostra organizzazione a processi sempre meno impattanti sull’ambiente.

Nella fase di progettazione della muratura in blocchi, il calcolo degli spessori è senza dubbio uno degli aspetti fondamentali da considerare: essi rivestono infatti un ruolo cruciale tanto nella stabilità strutturale dell’edificio (o della muratura stessa!) quanto nel garantire prestazioni ottimali in termini di isolamento termoacustico, lunga durata nel tempo, resistenza all’azione degli agenti atmosferici, agli eventi sismici e, laddove necessario, un affidabile comportamento al fuoco.

Di riflesso, i requisiti prestazionali richiesti alla muratura saranno per il progettista essenziali nella definizione degli spessori: ciò significa che non esiste una risposta univoca alla questione, quanto piuttosto che ogni singola muratura sarà un manufatto unico, stabilito in tutti i suoi parametri dimensionali in funzione delle specifiche tecniche, applicative ed estetiche che dovrà rispettare.

In tal senso, la buona pratica indica che tutte le pareti debbano essere calcolate in base alla funzione che andranno a svolgere e in relazione ai carichi ai quali saranno sottoposte. Questi ultimi influenzeranno anche l’eventuale dimensionamento dei diversi sistemi di strutturazione, degli ancoraggi e degli irrigidimenti.

Diversi fattori devono essere quindi presi in considerazione durante il calcolo degli spessori nella progettazione muraria. Tra questi, i principali includono i già citati carichi strutturali che il manufatto dovrà sopportare, il tipo di blocchi utilizzati, le condizioni del terreno e/o l’area geografica in cui l’edificio è situato, le normative di settore e le linee guida stabilite dal produttore dei blocchi. Come è facile comprendere, è fondamentale valutare attentamente ogni singolo elemento al fine di garantire la sicurezza complessiva, il corretto funzionamento e la longevità dell’opera.

Le principali categorie di murature

Nell’affrontare la tematica dello spessore delle murature in blocchi, è importante prima di tutto ricordare le categorie principali in cui le murature, in senso generale, vengono suddivise:

  • Murature portanti o strutturali: sono chiamate a sostenere il peso dell’edificio e trasferiscono i carichi verticali al terreno. Generalmente, presentano uno spessore maggiore rispetto ad altre tipologie di muratura al fine di garantire adeguata resistenza e stabilità strutturale.
  • Murature non portanti o di tamponamento: diversamente dalle precedenti, non sono chiamate a supportare il peso strutturale dell’edificio e non trasmettono carichi verticali al terreno. Vengono utilizzate per separare l’interno dell’edificio dall’esterno.
  • Murature per divisori interni: hanno l’esclusivo scopo di separare gli spazi interni di un edificio e non hanno alcuna funzione strutturale. Offrono flessibilità di configurazione degli ambienti interni e possono essere facilmente spostate o rimosse per adattare l’uso degli spazi nel tempo.

Le murature possono poi essere monostrato (quando lo spessore del muro coincide con quello dell’elemento costruttivo utilizzato), a doppio strato o pluristrato (quando lo spessore della parete è il risultato di due o più strati tra loro distanziati o contigui) oppure miste (quando gli strati della muratura si compenetrano per costituire una struttura sufficientemente connessa).

Le tipologie di costruzione cui le murature in blocchi sono destinate

Il calcolo degli spessori delle murature in blocchi dovrà inoltre considerare, oltre a quanto già menzionato, la tipologia di costruzione e/o edificio cui esse sono destinate.

Ecco a seguire le architetture più diffuse che possono essere realizzate con questo sistema costruttivo:

  • Edifici multipiano: si tratta di costruzioni prevalentemente destinate a residenze e uffici. Di norma, esse includono piani interrati destinati al ricovero dei veicoli, alle cantine e ai locali tecnici; piani terra adibiti a piccoli negozi e ad aree comuni per l’accesso all’edificio; piani superiori destinati alle abitazioni. Rientrano in questa categoria anche gli hotel.
  • Unità immobiliari singole: come ville o villette a schiera e, più in generale, edifici a uso abitativo di altezza contenuta e con dimensioni definibili “a misura d’uomo”.
  • Edifici produttivi: sono grandi costruzioni con ampie pareti di tamponamento e luci molto estese sia per esigenze di illuminazione che per il transito di veicoli. Tipicamente, questa categoria include costruzioni con destinazione produttiva, capannoni per lo stoccaggio di merci, depositi e magazzini per il ricovero di materiali e mezzi, aree logistiche, tutte le strutture legate alla grande distribuzione, i cinema, i teatri, i centri congressi, gli impianti sportivi e persino i poli fieristici: in sintesi, ovunque possa verificarsi un copioso afflusso di pubblico.
  • Edifici preesistenti ristrutturati o recuperati: talvolta definite “archeologia industriale”, queste costruzioni richiedono interventi appositi per essere riadattate alle esigenze urbanistiche attuali. Possono essere localizzate sia in zone industriali sia nei centri cittadini o addirittura storici.
  • Interventi ambientali: le murature in blocchi trovano ampia applicazione anche all’esterno, per esempio nell’arredo urbano, così come per la costruzione di pareti di contenimento per giardini, muri di recinzione, realizzazione di terrapieni e sistemazione di bacini in genere. A questi vanno poi aggiunte le opere di contenimento del rumore, come le barriere acustiche per strade, ferrovie o edifici ad alto tasso di inquinamento acustico.

La varietà di possibili applicazioni delle murature in blocchi – che a sua volta ne influenza lo spessore – è quindi molto ampia. Questo sistema costruttivo permette la realizzazione di numerose tipologie di pareti, siano esse da intonaco o faccia a vista, con funzioni di facciata o divisione interna. A seconda delle caratteristiche dei blocchi selezionati, sarà pertanto possibile costruire muri portanti o di tamponamento, con funzioni di isolamento termico, acustico e di resistenza al fuoco che sposano pienamente le più specifiche esigenze progettuali.

Per comprendere la varietà di elementi realizzabili con i blocchi in calcestruzzo è sufficiente citarne alcuni relativi agli edifici civili: murature portanti esterne o di spina, pareti di rivestimento, architravi, tramezze interne e pareti divisorie tra i vari ambienti, muri controterra e pilastri. Nei grandi edifici commerciali o industriali, questa soluzione si rivela inoltre efficace per realizzare grandi superfici di tamponamento all’esterno e murature di separazione interna, anche con funzione tagliafuoco o di isolamento acustico.

A seconda della funzione cui i blocchi sono destinati, il loro spessore verrà definito in relazione a considerazioni di tipo normativo, tecnologico, tipologico, funzionale ed estetico. Con l’obiettivo di agevolare il progettista, esistono diversi metodi e strumenti per il calcolo degli spessori: oltre ai calcoli manuali, che richiedono comunque una conoscenza dettagliata delle formule e delle equazioni utilizzate nella progettazione strutturale, sono oggi disponibili software specializzati che semplificano notevolmente questo processo, permettendo di ottenere risultati precisi e affidabili in modo più rapido ed efficiente.

Infine, anche le normative nazionali e internazionali giocano un ruolo fondamentale nel calcolo degli spessori nella progettazione delle murature in blocchi. Queste direttive stabiliscono i requisiti minimi di sicurezza e prestazioni che devono essere rispettati durante la progettazione e la costruzione degli edifici: è quindi importante che i progettisti siano a conoscenza delle disposizioni richieste e che le applichino correttamente per garantire la conformità dell’edificio alle leggi e ai regolamenti vigenti.

Per ciascuna delle possibili applicazioni delle murature in blocchi, i produttori di sistemi costruttivi di questo tipo – come Gasbeton® e Ytong – mettono a disposizione del progettista indicazioni e tipologie di blocchi specifiche che, grazie a sagome e dimensioni appositamente definite, garantiscono le migliori performance e il soddisfacimento delle esigenze di ogni costruzione.

Spessore della muratura in blocchi: alcune indicazioni di massima

Come chiarito, lo spessore della muratura in blocchi verrà definito ad hoc in fase progettuale in funzione delle innumerevoli discriminanti finora affrontate.

Tuttavia, esistono alcune indicazioni di massima che è possibile tenere presenti: riassumiamo a seguire quelle riferite ad alcune delle applicazioni più comuni di questo sistema produttivo, come riportato sul manuale di Ytong.

  • Muri di tamponamento esterno: in virtù dell’elevato grado di isolamento termico che garantiscono, i blocchi per questa realizzazione possono essere monostrato, senza esigenza di isolamento esterno con sistemi a cappotto. Lo spessore dei blocchi varierà dai 24 ai 48 centimetri.
  • Murature portanti: quando realizzate con blocchi portanti, vantano eccellenti caratteristiche di resistenza meccanica, isolamento termico e leggerezza del sistema, rivelandosi una soluzione ideale anche per applicazioni in zone sismiche. Lo spessore del blocco sarà variabile tra 24 ai 40 centimetri a seconda della tipologia di blocco selezionata.
  • Tramezze interne: la muratura in blocchi per questa applicazione varia nello spessore in funzione della destinazione d’uso e dell’altezza della parete, oscillando tra gli 8 e i 20 centimetri.
  • Murature divisorie acustiche: la realizzazione di divisori acustici tra diverse unità immobiliari richiede l’impiego di doppie pareti con spessori e densità differenti, tra le quali viene interposto un materassino isolante con funzione fonoassorbente. Lo spessore dei blocchi varierà tra i 10 e i 15 centimetri.
  • Pareti divisorie tagliafuoco: le murature in blocchi assicurano in quest’ambito le più elevate prestazioni. Il sistema di pareti tagliafuoco non portanti a marchio Ytong, ad esempio, è certificato per pareti di altezza fino a 8 metri, senza intonaci e rasature, e prestazioni EI 240 nello spessore 15 centimetri. Per applicazioni di questo tipo si ricorre al metodo tabellare e al calcolo analitico per certificare murature REI di altezza superiore, sia portanti che non portanti, con gradi EI/REI fino a 240 minuti.
  • Pareti divisorie per spazi tecnici e garage: i blocchi in calcestruzzo cellulare sono incombustibili, e quindi estremamente sicuri in caso di incendio. Una parete non intonacata di spessore 10 centimetri in blocchi Ytong assicura una prestazione EI 180, mentre una parete di spessore 15 centimetri raggiunge il grado EI 240.
  • Pareti tagliafuoco di grandi dimensioni: in genere utilizzate in contesti industriali e del terziario, richiedono la realizzazione di un sistema di irrigidimenti verticali e orizzontali con blocchi forati e a U di spessore minimo pari a 20 centimetri. Il loro spessore può comunque arrivare a 36 centimetri.

In ultima analisi, il calcolo degli spessori nella progettazione della muratura in blocchi è un processo complesso e delicato che richiede conoscenze specialistiche e approfondita esperienza. È fondamentale che i progettisti adottino un approccio accurato e metodico al calcolo degli spessori al fine di garantire la sicurezza strutturale, l’efficienza energetica e le prestazioni ottimali dell’edificio: pertanto, continuare ad approfondire le proprie competenze e adottare le migliori pratiche nel calcolo degli spessori si rivela indispensabile per la realizzazione di progetti duraturi e di successo nell’ambito della progettazione muraria.

Entra in contatto con gli specialisti di Cubo per ricevere supporto completo nella progettazione e realizzazione di murature in blocchi di cemento autoclavato/alleggerito.

Chiamato informalmente anche calcestruzzo cellulare, il calcestruzzo aerato autoclavato (CAA) è un materiale da costruzione green, sostenibile e versatile dal punto di vista applicativo che garantisce formidabili performance di isolamento termico e acustico, resistenza al fuoco, risparmio energetico, lunga durata nel tempo, anti-sismicità, contrasto all’umidità e inerzia termica.

Utilizzato per la realizzazione di murature portanti e/o isolanti, di muri di tamponamento, divisori e tavolati, e persino di architravi armati e blocchi canaletta a forma di U per cordoli armati, il CAA offre il vantaggio aggiuntivo di dare vita ad ambienti indoor salubri e confortevoli senza che vi sia alcuna esigenza di isolanti aggiuntivi.

Il calcestruzzo autoclavato si compone di materiali totalmente naturali come cemento, acqua, sabbia e calce che, miscelati e lasciati a maturare, generano una reazione che porta alla produzione di microbolle d’aria intrappolate nella materia. Proprio questa peculiarità rende il materiale non soltanto particolarmente isolante e resistente, ma anche leggero, facile da movimentare e da lavorare: il peso relativamente contenuto e la presenza, nei blocchi di spessore superiore ai 20 centimetri, di specifiche maniglie di sollevamento (o persino di doppi profili a incastro) ne favorisce infatti la maneggevolezza.

Le applicazioni dei blocchi in calcestruzzo autoclavato

Come accennato, le applicazioni dei blocchi in calcestruzzo autoclavato sono molteplici, e spaziano dalla costruzione di edifici completi in muratura portante, inclusi quelli in zone sismiche, a quella di muratore divisorie interne e di tamponamento in edifici con struttura portante in acciaio, in legno o in cemento armato.

La presenza dei già citati incastri verticali rende la posa più precisa e rapida, e genera un risparmio significativo in termini di quantità di malta collante utilizzata – oltre che di tempo. Non a caso, si stima che i blocchi in calcestruzzo aerato autoclavato velocizzino il lavoro fino a quattro volte rispetto ad altri materiali tradizionali, specialmente nella costruzione di tramezzi interni e pareti divisorie, oltre che in realizzazioni “di assistenza” nell’ambito di opere impiantistiche, sia in edifici di nuova costruzione che preesistenti.

In aggiunta, i blocchi in calcestruzzo autoclavato offrono il fondamentale vantaggio di poter essere impiegati come unico materiale da costruzione per i più diversi elementi dell’edificio, ottimizzando i costi ed evitando problemi di compatibilità che potrebbero presentarsi tra diversi materiali.

Anche dal punto di vista della sostenibilità ambientale questa caratteristica rappresenta un oggettivo vantaggio: oltre ad evitare l’impiego di materiale da isolamento supplementare, i blocchi in CAA mantengono invariate le loro performance nel corso del tempo (in primis quelle ignifughe, di isolamento termico e acustico, di contrasto all’umidità, alla condensa e alle infiltrazioni d’acqua), tanto da collocarsi tra i materiali biologicamente più puliti tra quelli in commercio.

Traspirante, riciclabile, caratterizzato da elevata resistenza meccanica e inerzia termica, questo sistema completo è considerato una delle soluzioni più flessibili ed efficienti oggi disponibili in ambito edile.

Criteri costruttivi con blocchi in CAA: le indicazioni di base

La semplicità di lavorazione dei blocchi in calcestruzzo aerato autoclavato fa sì che gli strumenti di lavoro da utilizzare in cantiere siano numericamente limitati rispetto a quelli necessari per la gestione di altri materiali da costruzione.

Ferma restante la specificità di ogni caso, che andrà ovviamente valutato singolarmente, sono sufficienti in genere un miscelatore e un recipiente per la preparazione della malta collante, cazzuole dentate, frattazzi per la levigatura, martelli in gomma, segaccio e squadra da taglio e un raschietto per le tracce.

Per quanto riguarda invece le indicazioni generali, è sempre opportuno seguire le seguenti buone pratiche:

  • Le murature esterne non dovranno essere incollate a pilastri e solai, ossia alle strutture portanti. Dovrà invece essere lasciato un giunto elastico.
  • Se nelle versioni maschio/femmina, i blocchi di calcestruzzo aerato autoclavato dovranno essere accuratamente ammorsati. Se lisci, dovranno invece essere incollati tra loro.
  • In caso di taglio a misura di un blocco di CAA, l’incollaggio dovrà avvenire anche sulla faccia verticale (poiché verranno a mancare le maschiature).
  • È sempre necessario l’utilizzo di specifiche malte o prodotti analoghi certificati per l’incollaggio e l’intonacatura/rasatura dei blocchi.
  • La malta collante o il sopracitato prodotto analogo dovranno essere stesi con cura su tutta la superficie del blocco in CAA con l’ausilio della cazzuola dentata di misura adeguata. Nel caso in cui la colla strabordasse, sarà necessario rimuoverla prima che indurisca.
  • La posa dei corsi successivi al primo dovrà essere effettuata a giunto sottile per uno spessore massimo di due o tre millimetri. È anche importante ribadire che, in caso di asperità o difetti del blocco in calcestruzzo autoclavato, essi dovranno essere corretti con il frattazzo e non con la malta collante.

Illustrate le indicazioni di base da rispettare nella posa dei blocchi in calcestruzzo aerato autoclavato, vediamo ora i criteri costruttivi legati ad alcune realizzazioni più specifiche: le pareti di tamponamento esterne, le pareti perimetrali e le pareti divisorie/tramezze interne.

Blocchi in calcestruzzo autoclavato: la posa delle pareti di tamponamento esterne

Nella posa delle pareti di tamponamento esterne, il primo criterio costruttivo da rispettare è relativo all’impiego di blocchi di calcestruzzo aerato autoclavato di particolari spessori (è il caso, ad esempio, delle linee Climaplus e Climagold di YTONG e dei blocchi Evolution di GASBETON®).

In generale – e in virtù delle straordinarie qualità tecniche che abbiamo precedentemente elencato – è possibile ottenere prestazioni termoacustiche pienamente in linea con i requisiti di legge con la semplice posa di un singolo strato di blocchi di CAA di spessore pari a 30 centimetri.

La posa delle murature esterne di tamponamento monostrato in edifici con struttura portante in legno, ferro o cemento armato è in tutto e per tutto simile a quella delle murature portanti. Tuttavia, un dettaglio costruttivo da rispettare è legato al giunto elastico, che dovrà essere posizionato sulle strutture orizzontali e verticali all’intradosso dei solai. Inoltre, è suggerito procedere prima di tutto alla posa, sul solaio, di una guaina tagliamuro che opererà come strato di scorrimento (e ridurrà il rischio di fenomeni di risalita dell’umidità) e di una guaina tagliamuro impermeabile. Solo successivamente si procederà alla posa dei blocchi di CAA.

La prima fila di blocchi dovrà essere posata con malta cementizia verificando accuratamente la planarità del supporto, per poi procedere con la posa della colla per i blocchi successivi una volta che la malta si sarà asciugata.

Nel caso delle pareti di tamponamento esterne, la posa dei blocchi in calcestruzzo autoclavato avverrà a giunti sfalsati con sovrapposizione pari ad almeno 15/20 centimetri. In corrispondenza dei giunti tra tamponamento in blocchi di CAA e solai o strutture portanti, bisognerà invece lasciare un giunto da 1 o 2 centimetri che verrà successivamente riempito con materiale elastico (schiuma poliuretanica, malta di pura calce o lana di roccia), essenziale per evitare la formazione di cavillature risultato delle dilatazioni termoigrometriche. Il blocco sarà incollato alla struttura portante con opportune barre di armatura.

I blocchi di calcestruzzo aerato autoclavato nella posa di murature portanti

Per la posa dei volumi fuori terra delle murature portanti si utilizzano in genere blocchi in CAA ad alta densità. È inoltre suggerita la posa con giunto sottile in malta collante in considerazione della limitata tolleranza dimensionale tipica di questi sistemi costruttivi.

Con l’ausilio dei blocchi in calcestruzzo aerato autoclavato, è possibile realizzare pareti portanti non soltanto omogenee, ma anche solide e compatte semplicemente rispettando i seguenti criteri costruttivi:

  • Per la posa della prima fila di blocchi, è opportuno tracciare in modo preciso la collocazione delle pareti portanti, dei divisori e delle aperture sulla soletta del manufatto. Successivamente, si individuerà il punto più alto della soletta (in genere in angolo) sul quale verranno posati i blocchi su malta di allettamento. Se a piano terra, i blocchi dovranno essere posati su guaina impermeabilizzante e malta cementizia.
  • Per la posa delle file di blocchi successive, che avviene a seguito dell’asciugatura della malta della prima fila e dopo la rilevatura dei punti alti con l’ausilio di una staggia, la levigazione con frattazzo e la rimozione della polvere, si partirà nuovamente dall’angolo realizzando, laddove richiesto, un blocco di incatenamento verticale.

Per questo tipo di applicazione, i blocchi di CAA forati dovrebbero essere impiegati solo se e come esplicitamente definito in fase progettuale. Anche la posa delle murature portanti avviene a giunti sfalsati, con sovrapposizione minima di circa 15-20 cm (ossia 0,3 volte la lunghezza del blocco). La malta avrà spessore variabile tra 1 e 3 millimetri.

I blocchi di CAA nella posa di tramezze e divisori interni

Per quanto riguarda infine i criteri costruttivi da rispettare nella posa dei blocchi in calcestruzzo autoclavato per la realizzazione di pareti divisorie e tramezze interne, si opterà principalmente per blocchi sottili, lisci e maschiati. Queste soluzioni si rivelano infatti molto versatili, e dunque ideali per le più diverse opere interne, incluse quelle più complesse.

Si suggerisce di mantenere un rapporto tra spessore e altezza della parete pari a 1:30 (ciò significa, ad esempio, che un blocco in CAA da 10 centimetri è consigliato per la costruzione di pareti di altezza massima di 3 metri). La lunghezza massima della parete dovrebbe invece essere inferiore allo spessore della muratura moltiplicato per cinquanta, ad eccezione dei casi in cui possa essere inserita un’armatura a traliccio nei giunti di malta.

Prima di tutto, bisognerà predisporre la base per la parete divisoria e verificare la sua planarità. Due sono in genere le opzioni possibili:

  • Base irregolare in cemento: prevede la posa di uno strato di malta cementizia perfettamente a livello. La malta verrà lasciata asciugare per ventiquattr’ore per poi essere lavorata come su cemento liscio, ossia con malta collante.
  • Pavimento piastrellato: si suggerisce in questo caso l’impiego di un profilo a U in plastica, che verrà incollato o fissato alla pavimentazione.

Nella posa della prima fila, il primissimo blocco dovrà essere appoggiato (non incollato) alla parete verticale lasciando uno spazio di 1 centimetro tra i due elementi. L’ancoraggio del blocco alla parete avverrà ogni tre file come per i blocchi da tamponamento.

Si consiglia di ammorsare tra loro le pareti in blocchi o, in alternativa, di vincolarle meccanicamente con l’ausilio di connettori metallici: tale processo permette infatti di massimizzare la stabilità delle murature.

I giunti perimetrali verranno riempiti con materiale elastico e, laddove i requisiti acustici del progetto fossero particolarmente elevati, si impiegheranno cordoni in lana di roccia o vetro, malta dolce di sola calce o schiume poliuretaniche basso-espandenti.

CUBO: specialisti nel dimensionamento, progettazione e posa di murature in blocchi CAA

CUBO è specializzata nel dimensionamento, nella progettazione e nella posa di murature in blocchi di calcestruzzo autoclavato YTONG e GASBETON® per i contesti più diversi: residenziale, urbano, commerciale e industriale.

La lunga esperienzamaturata negli anni e gli innumerevoli progetti portati a termine con successo rendono l’azienda tra i principali punti di riferimento per questo tipo di applicazioni, anche in virtù di un protocollo operativo collaudato ed efficiente. Oltre a prevedere tutte le opportune dichiarazioni e certificazioni di corretta posa e regolare esecuzione dei lavori, CUBO si prende infatti carico della gestione completa dei lavori per quanto riguarda le maestranze (grazie alla disponibilità di novanta dipendenti), la logistica di cantiere (con sopralluoghi, assistenza tecnica e approvvigionamento dei materiali), la supervisione tecnica dei lavori e il coordinamento della sicurezza sia in fase di progetto che di esecuzione.

Tra i nostri progetti più recenti che hanno visto l’impiego di blocchi in CAA per la realizzazione di murature figura il prestigioso Walther Park, il nuovo quartiere sostenibile e multifunzionale nel centro di Bolzano che mira a dare vita a un ecosistema urbano in cui coesistono ambienti residenziali, professionali, retail, eatery e shopping.

CUBO ha offerto il proprio contributo a questo importante esempio di architettura di domani costruendo le murature divisorie in cemento per i garage ai piani interrati -1 e -2. Ai piani superiori dell’edificio polifunzionale è invece prevista la realizzazione delle pareti perimetrali utilizzando blocchi in GASBETON® e POROTON®, oltre che quella delle pareti divisorie.

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In un precedente approfondimento pubblicato sul nostro blog, abbiamo parlato di come la muratura in blocchi – sia essa in cemento autoclavato o in termolaterizio – possa essere utilizzata con successo in un’ampia gamma di applicazioni, dalle murature portanti alle pareti monostrato e pluristrato, fino a quelle di tamponamento e di rivestimento.

La grande flessibilità applicativa di questi sistemi costruttivi è, assieme alla leggerezza e maneggevolezza, alla semplicità di lavorazione, alle ottime qualità strutturali e di isolamento termoacustico, uno dei vantaggi oggettivi più noti che rendono le murature in blocchi soluzioni richieste e apprezzate nei contesti più diversi.

Le murature in blocchi più conosciute fanno essenzialmente riferimento a tre grandi marchi: Ytong e Gasbeton® per quanto riguarda i sistemi costruttivi in cemento aerato autoclavato (chiamati talvolta informalmente “blocchi in CLS alleggerito”), e POROTON® per quanto riguarda invece le murature in termolaterizio (o laterizio porizzato). Entrambe queste tipologie di murature in blocchi vengono utilizzate con successo per costruzioni ex novo e per la ristrutturazione di opere architettoniche preesistenti, sia per la costruzione di murature portanti che non portanti.

Scopriamo a seguire quali sono le principali soluzioni disponibili.

Murature in blocchi: le componenti di un sistema portante

In linea generale, si definisce muratura portante una struttura edilizia costituita principalmente da elementi che supportano il carico verticale della costruzione e trasferiscono tali forze al suolo sottostante. In altre parole, un sistema portante in muratura è l’ossatura di un edificio, ed è chiamato a fornire opportuna stabilità strutturale e resistenza agli sforzi verticali.

Gli elementi della muratura portante sono disposti in modo da formare pareti verticali e pilastri che sostengono i solai: un metodo costruttivo da tempo ampiamente utilizzato in architettura e facilmente riscontrabile in varie declinazioni, sia in edifici tradizionali o classici che moderni. Tipicamente, le murature portanti sono collocate lungo il perimetro dell’edificio e negli ambienti interni così da garantire un adeguato supporto strutturale all’interno manufatto.

Va da sé che la muratura portante potrà essere realizzata con l’ausilio di diversi sistemi costruttivi, che verranno definiti in funzione dei requisiti strutturali ed estetici da soddisfare. Nel caso delle murature in blocchi in termolaterizio o in cemento aerato autoclavato, sono disponibili soluzioni diversificate che soddisfano le più diverse e sfidanti esigenze progettuali.

Per quanto riguarda le murature in blocchi in cemento aerato autoclavato, Ytong propone ad esempio sistemi che rispondono ai requisiti di legge richiesti dall’Eurocodice 6 sulle regole generali per la progettazione in muratura armata e non armata. Oltre ad includere il sistema portante, la gamma proposta si completa con prodotti accessori come architravi portanti, elementi di irrigidimento e tralicci in armatura, dando vita a una soluzione completa pienamente compatibile con le esigenze strutturali di edifici in zone a bassa e media sismicità. Ulteriore vantaggio garantito dalla gamma Ytong è legato alle elevate prestazioni energetiche delle murature in blocchi, che non richiedono l’applicazione di alcun cappotto termico isolante.

Più nello specifico, Ytong mette a disposizione i blocchi SismiClima per la costruzione di murature in blocchi portanti ordinarie senza necessità di cappottatura né di irrigidimenti in cemento armato. Il sistema costruttivo garantisce infatti non soltanto le straordinarie caratteristiche di resistenza meccanica proprie del cemento aerato autoclavato, ma anche elevate prestazioni energetiche in uno spessore di soli 40 centimetri (la trasmittanza termica di questi blocchi è infatti pari a 0,20 W/m2K).

Tale sistema costruttivo è particolarmente indicato per la costruzione di murature portanti in edifici compatti e dalla pianta regolare, con altezza non superiore ai tre piani.

Laddove vi fosse invece l’esigenza di utilizzare i blocchi in CLS alleggerito per realizzare murature portanti armate, Ytong propone sistemi costruttivi che rispettano le normative NTC 2018:

  • Blocchi Thermo per le murature portanti di edifici in aree caratterizzate da agS ≤0.075g.
  • Blocchi Sismico (con valore di resistenza meccanica pari a 5 MPa) per aree con valore di agS compreso tra 0,075 g e 0,15 g.

Anche i blocchi in termolaterizio possono, ovviamente, essere utilizzati per la costruzione di murature portanti. In tal senso, POROTON® offre soluzioni monostrato e pluristrato per diverse applicazioni. Le prime sono ideali per realizzare murature portanti di spessore variabile tra i 25 e i 45 cm e, nella fase di posa in opera, potranno comportare sia l’impiego di giunti di malta continui sia interrotti. Si procederà successivamente all’applicazione di intonaco termoisolante esterno (o di rivestimento a cappotto) per raggiungere i più alti requisiti di isolamento termico.

La muratura in blocchi POROTON® può essere impiegata anche per la realizzazione di murature portanti a più strati (per esempio nel caso di doppie pareti portanti) con molteplici stratigrafie possibili, da definirsi in funzione dei requisiti prestazionali da raggiungere.

Murature in blocchi: le componenti di un sistema non portante

Le murature non portanti, chiamate anche divisorie, si differenziano dalle precedenti perché non coinvolte nella resistenza agli sforzi verticali dell’edificio. L’obiettivo di questi sistemi è primariamente quello di suddividere e definire gli ambienti interni e contribuire al loro isolamento. Per definizione, le murature divisorie sono posizionate all’interno dell’edificio e non sono chiamate a sostenere il peso della struttura.

In funzione della già citata flessibilità di utilizzo e delle loro straordinarie caratteristiche tecniche, le murature in blocchi si rivelano soluzioni altamente efficaci anche per questa tipologia di realizzazione. I blocchi in cemento alleggerito Gasbeton®, ad esempio, sono perfetti per realizzare pareti interne leggere, robuste e resistenti al fuoco: in questo caso, la tecnica costruttiva prevede il taglio a misura dei blocchi, l’erogazione di un apposito adesivo super-resistente e la posa, dando vita a un sistema pulito ed efficace, molto leggero e quindi utilizzabile in modo sicuro anche ai piani alti degli edifici, e decisamente rapido da realizzare.

Le medesime caratteristiche sono tipiche delle murature in blocchi Ytong, che si rivelano ideali anche per la costruzione di pareti divisorie acustiche e muri tagliafuoco. Numerosi i sistemi costruttivi disponibili a seconda delle esigenze di progetto: le tavelle Ytong in CLS aerato autoclavato (anche in formato XL) sono ad esempio un’ottima soluzione per la realizzazione di murature interne grazie alla loro leggerezza, semplicità e velocità di realizzazione delle tracce impiantistiche, eccellente resistenza al fuoco e marcata pulizia.

Un’ottima soluzione per la realizzazione di murature non portanti interne in blocchi è poi rappresentata dal sistema Ytong di spessore 20/24/30, particolarmente indicato per costruire muri di spina centrali caratterizzati da elevate resistenza meccanica, stabilità e monoliticità.

Se l’obiettivo di progetto è invece ottenere un elevato isolamento acustico tra ambienti confinanti, Gasbeton® propone il sistema Acustic, ideale per la costruzione di murature non portanti fonoisolanti. Caratterizzato da una marcata volumetria, questo speciale blocco da muratura è infatti in grado di ottenere il più alto grado di isolamento acustico dai rumori aerei mai raggiunto con il calcestruzzo aerato autoclavato ed è indicato per la realizzazione di doppie pareti con isolamento in intercapedine tra ambienti confinanti. Inoltre, con il suo spessore da 8 a 12 cm può essere impiegato anche per la costruzione di murature singole monostrato tra locali attigui.

Il sistema Evolution di Gasbeton® è invece progettato per divisori interni fonoisolanti resistenti al fuoco e murature di tamponamento (anche con funzione portante). La sua densità a secco pari a 480 kg/m³ e le trasmittanze termiche stazionarie inferiori al 0.3 W/m²K si uniscono a valori di isolamento acustico che raggiungono i 54 dB, a un’alta capacità portante e a formidabili caratteristiche ignifughe, rendendo il prodotto molto versatile dal punto di vista delle applicazioni. Il sistema costruttivo si compone di blocchi lisci o con incastro maschio/femmina, di dimensioni 60×25 cm e con spessori variabili da 5 a 40 cm.

Infine, vale la pena menzionare il sistema Gasbeton® Active, specificamente progettato per murature in blocchi non portanti a massime prestazioni termoisolanti. Indicato per edifici passivi e Nzeb, è il blocco attualmente più isolante in assoluto (300 kg/m3 e valori di conduttività di 0,07 W/mK) ed è indicato per murature di tamponamento su strutture intelaiate, senza esigenza dell’applicazione di isolanti. Questi blocchi lisci o con incastro maschio/femmina sono quindi molto apprezzati in applicazioni edili orientate a una marcata sostenibilità ambientale, al risparmio energetico e al comfort abitativo in tutte le stagioni.

In definitiva, i sistemi costruttivi in muratura in blocchi in termolaterizio o cemento autoclavato aerato oggi disponibili in commercio sono ampi e versatili, utilizzabili sia per la realizzazione di murature portanti che non portanti, e in grado di garantire le più alte prestazioni anche nei progetti più complessi e articolati.

Come specialista nelle progettazione e realizzazione di murature in blocchi per le più diverse applicazioni in ambito urbano, residenziale, industriale e commerciale, con opere accuratamente certificate in termini di posa e regolare esecuzione dei lavori, Cubo è a completa disposizione per offrire consulenza e supporto nella realizzazione del tuo progetto: entra in contatto con i nostri tecnici. 

SOA (acronimo di Società Organismi di Attestazione) e ISO (acronimo di International Organization for Standardization, ossia Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione) sono due tra le sigle più note e frequentemente utilizzate quando si parla di certificazioni aziendali.

Nel settore dell’edilizia in particolare, esse rivestono un ruolo cruciale nel garantire i più alti standard di qualità, sicurezza e affidabilità e contribuiscono al prestigio aziendale tanto quanto alla definizione di un concreto vantaggio competitivo sul mercato. La ragione è facilmente intuibile: ottenere le certificazioni più prestigiose può influire significativamente sulla competitività delle imprese e sulla fiducia che i clienti ripongono in esse. Le certificazioni rilasciate da enti indipendenti dimostrano infatti che un’organizzazione è in grado di operare secondo elevati standard di qualità e sicurezza, offrendo ai clienti la tranquillità di affidarsi a un’azienda competente e affidabile.

Scopriamo a seguire cosa sono l’attestazione SOA e le certificazioni ISO, perché sono considerate importanti e quale legame intercorre tra di esse.

Cos’è l’attestazione SOA e cosa è chiamata a certificare

Ad ampio spettro, l’attestazione SOA è definibile come un riconoscimento che attesta la qualità e l’affidabilità di un’impresa nel settore dell’edilizia e ne conferma i requisiti economico-organizzativi. Emanata dalla Società Organismi di Attestazione, un ente che ha il compito di verificare la conformità delle imprese ai più alti standard qualitativi, di fatto attesta che una determinata azienda possiede le competenze e le capacità di eseguire a regola d’arte lavori pubblici in piena conformità con le normative in vigore.

L’attestazione SOA valuta le competenze tecniche e professionali dell’organizzazione, oltre alla sua solidità finanziaria e alla sua capacità di rispettare gli impegni assunti. L’ottenimento di questa prestigiosa certificazione è un traguardo di notevole valore per qualunque impresa che opera nell’edilizia, proprio perché rappresenta la conferma – da parte di un ente rispettabile e indipendente – della sua capacità di eseguire, sia direttamente che in subappalto, opere pubbliche di lavori con un importo a base d’asta superiore ai 150.000.000 di euro.

È anche importante sottolineare che l’attestazione SOA è obbligatoria per partecipare alle gare d’appalto per l’esecuzione dei lavori pubblici proprio perché offre la garanzia che l’impresa possegga tutte le capacità aziendali e i requisiti previsti dalla vigente normativa relativa ai Contratti Pubblici di lavori. 

L’attestazione SOA è stata introdotta all’inizio del nuovo millennio, con l’abolizione dell’Albo Nazionale dei Costruttori da parte del Decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 25 gennaio 2000. Fino a quel momento – e per quasi quarant’anni – l’accesso agli appalti pubblici era infatti subordinato all’iscrizione dell’impresa all’ANC (Albo Nazionale dei Costruttori, appunto), nel rispetto della Legge n.57 del 10 febbraio 1962. A seguito di una serie di modifiche e perfezionamenti effettuati tra il 2006 e il 2016, la normativa si è ulteriormente perfezionata nel Codice dei Contratti Pubblici vigente.

Durata e requisiti dell’attestazione SOA

Una volta ottenuta, l’attestazione SOA ha una durata quinquennale e prevede una verifica intermedia alla fine del terzo anno: la cosiddetta Verifica Triennale. Nel corso di essa, i requisiti dell’impresa vengono nuovamente esaminati e, in caso di esito positivo, la qualificazione viene estesa per ulteriori due anni, garantendo quindi una validità complessiva di cinque anni.

Il processo di rilascio della certificazione SOA comporta un’approfondita istruttoria che verifica tutta la documentazione prodotta dall’impresa. Tale documentazione riguarda gli ultimi dieci anni di attività dell’organizzazione, con particolare attenzione ai migliori cinque esercizi. L’istruttoria è condotta da Organismi di Attestazione autorizzati dall’AVCP, l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici.

Per quanto riguarda invece i requisiti necessari a conseguire l’attestazione SOA, essi variano in funzione della categoria di opere e della classe di importo dei lavori pubblici cui l’impresa intende partecipare. Le categorie, cinquantadue in tutto, sono suddivise tra opere di carattere generale OG (tredici, che includono edilizia civile e industriale, fogne e acquedotti, strade, restauri e altro ancora) e opere specializzate OS (trentanove, che includono impianti, restauri di superfici decorate, scavi, demolizioni, arredo urbano, finiture tecniche, finiture in legno, in vetro e in gesso, arginature e altro ancora).

Le classifiche di qualificazione, che sono dieci in tutto e vengono identificate con numeri romani da I a VIII, presentano soglie minime e massime espresse in euro:

  • I fino a 258.000 euro
  • II fino a 516.000 euro
  • III fino a 1.033.000 euro
  • III bis fino a 1.500.000 euro
  • IV fino a 2.582.000 euro
  • IV bis fino a 3.500.000 euro
  • V fino a 5.165.000 euro
  • VI fino a 10.329.000 euro
  • VII fino a 15.494.000 euro
  • VIII oltre 15.494.000 euro

Ciascuna categoria e classe di importo è associata a un determinato fatturato medio annuo e a un patrimonio netto minimo che l’organizzazione deve dimostrare di possedere.

In aggiunta, per l’ottenimento della certificazione è fondamentale che l’impresa sia in regola con il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e che sia conforme alle normative relative alla tutela ambientale e alla sicurezza sul lavoro.

Vi sono infine una serie di requisiti di ordine generale che l’organizzazione deve rispettare per ottenere l’attestazione SOA:

  • Conformità alle disposizioni normative antimafia e requisiti di integrità professionale (assenza di condanne che influenzino la moralità professionale dei titolari, dei rappresentanti legali, dei direttori tecnici e dei soci di società di persone, inclusi i soggetti che hanno cessato la carica nell’anno precedente alla data di stipula del contratto con la SOA).
  • Iscrizione al Registro delle Imprese e assenza di coinvolgimento in procedure concorsuali come fallimenti e concordati preventivi.
  • Assenza di gravi violazioni nello svolgimento dell’attività d’impresa (come ad esempio errori gravi nell’esecuzione di lavori pubblici, irregolarità fiscali, false dichiarazioni, severe infrazioni in materia di sicurezza, ecc.)
  • Nessuna produzione di false dichiarazioni con dolo o colpa grave.
  • Rispetto della normativa che disciplina il diritto al lavoro delle persone affette da disabilità.
  • Regolarità del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC).

E le certificazioni ISO?

Come accennato in apertura di articolo, l’acronimo ISO identifica l’International Organization for Standardization, ossia l’organizzazione specializzata nella definizione delle norme tecniche che le aziende devono rispettare per risultare in piena conformità con determinati parametri di valutazione.

Più che di “certificazione ISO” è quindi più corretto parlare di “certificazioni ISO”, ossia di varie tipologie di attestazione emesse dalla più autorevole organizzazione mondiale sull’argomento: tutte volontarie (ciò significa che aderire alle norme ISO non è obbligatorio per legge), queste certificazioni garantiscono la conformità dell’organizzazione a specifici criteri valutativi atti a confermare la presenza di particolari elementi nei processi aziendali.

Tra le più note certificazioni ISO figurano la ISO 9001, che definisce i requisiti generali del sistema di gestione qualità interno all’impresa, e la ISO 14001, che descrive invece la struttura gestionale per l’integrazione in azienda delle pratiche di gestione ambientale.

Attenzione quindi a non confondersi: l’attestazione SOA è ben diversa da una certificazione ISO, che si focalizza sui sistemi di gestione della qualità delle organizzazioni ed è di natura volontaria, non costituendo pertanto un requisito obbligatorio per partecipare a gare d’appalto pubbliche.

È comunque importante ribadire che alcune stazioni appaltanti possono richiedere la certificazione ISO come requisito aggiuntivo a conferma del livello di qualità dei prodotti e servizi offerti dall’azienda (è il caso, ad esempio, delle qualificazioni in classifiche superiori alla II, per le quali è necessario dimostrare il possesso di un Sistema Qualità certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001).

Inoltre, la presenza di una certificazione ISO può agevolare il processo di ottenimento dell’attestazione SOA perché contribuisce al rispetto di alcuni requisiti tecnici e organizzativi stabiliti dalla normativa vigente.

In estrema sintesi, ribadiamo che la certificazione ISO attesta la qualità dei prodotti e dei servizi di un’organizzazione, mentre l’attestazione SOA ne conferma le capacità per partecipare a gare d’appalto pubbliche. Va da sé che l’ottenimento di entrambe le certificazioni dimostra un impegno completo verso l’eccellenza e la conformità agli standard più elevati, l’esistenza di processi di lavoro ben definiti, una cultura orientata alla qualità e una volontà di miglioramento continuo. Questa virtuosa combinazione di certificazioni aumenta pertanto la credibilità dell’impresa e la sua capacità di competere sul mercato.

In conclusione, comprendere appieno le certificazioni è essenziale per gli attori del settore edilizio perché consente loro di mantenere una posizione di leadership e di vedersi garantita la fiducia dei clienti e degli enti pubblici. E sebbene l’ottenimento dell’attestazione SOA e delle certificazioni ISO richieda impegno, risorse e un forte orientamento alla qualità, i benefici a lungo termine superano di gran lunga gli sforzi necessari per conseguirle.

Dal 2017, CUBO è un costruttore qualificato di opere pubbliche con Attestazione SOA per i Contratti Pubblici. Inoltre, l’impresa è in possesso delle certificazioni ISO 9001 e ISO 450001, confermando la propria tensione alla qualità della gestione d’impresa e alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Puoi approfondire le nostre certificazioni alla sezione dedicata.

Tra le soluzioni più utilizzate per la realizzazione di pavimentazioni esterne, in particolare quelle di parcheggi e aree cortilive, i masselli autobloccanti sono considerati una scelta d’elezione in virtù di caratteristiche tecniche ritenute essenziali in tali applicazioni. Tra queste figurano l’elevata resistenza all’usura e alle sollecitazioni, l’ecocompatibilità, la semplicità di posa, la carrabilità, l’estetica del risultato finale e la convenienza economica.

Disponibili in vari formati e di spessore variabile tra i 4 e i 15 centimetri, i masselli autobloccanti si distinguono inoltre per la loro texture ricercata, per la disponibilità di stonalizzazioni e sfumature in diversi stili – che li rendono adatti sia a contesti tradizionali che moderni – e per una marcata capacità di tollerare l’abrasione e i cicli di gelo e disgelo. Anche l’importante aspetto della sicurezza è soddisfatto da questi versatili elementi costruttivi, che vantano una superficie antisdrucciolo e limitano in tal modo il rischio di scivolamento e caduta.

Per chiarezza, ricordiamo che una pavimentazione in masselli viene definita autobloccante perché realizza in opera un sistema di elementi in calcestruzzo posati a secco su un letto di sabbia e successivamente sigillati, sempre a secco, con sabbia fine asciutta. Tali superfici sviluppano una efficiente distribuzione dei carichi superficiali tramite il piano d’appoggio e l’attrito prodotto dai giunti.

I pavimenti in masselli autobloccanti sono quotidianamente utilizzati sia per nuove realizzazioni che per ristrutturazioni, incluse quelle di luoghi dal marcato prestigio storico e culturale, grazie all’ampia possibilità di variazioni estetiche e alla relativamente scarsa invasività degli interventi di posa rispetto ad altre soluzioni.

Nella progettazione delle pavimentazioni con masselli autobloccanti, la corretta redazione degli schemi di posa e dei disegni esecutivi rappresenta la conditio sine qua non per un risultato ottimale tanto dal punto di vista estetico quanto da quello funzionale.

Le fasi esecutive della posa in opera di un pavimento con masselli autobloccanti

La realizzazione di una pavimentazione in masselli autobloccanti è il risultato di una serie di fasi esecutive ben precise, che iniziano con la preparazione di un sottofondo adeguatamente dimensionato e compattato in relazione al piano d’appoggio e ai carichi che la superficie dovrà tollerare. Se necessario, precedentemente alla posa della pavimentazione dovrà inoltre avvenire la posa in opera dei cordoli di contenimento laterale.

Gli step esecutivi della posa in opera di un pavimento con masselli autobloccanti possono essere così riassunti:

  1. Verifica del piano di finitura del sottofondo.
  2. Analisi e verifica del contenimento laterale del pavimento, con eventuale posa in opera di cordoli.
  3. Se necessario, posa di superfici geotessili: i geotessuti sono materiali permeabili tipicamente utilizzati nelle opere di ingegneria civile con funzione di distribuzione dei carichi, separazione, filtrazione o rinforzo.
  4. Stesura e staggiatura della sabbia di allettamento dei masselli autobloccanti.
  5. Posa dei masselli autobloccanti, che potrà essere eseguita manualmente o con l’ausilio di macchine speciali, ideale soprattutto per superfici molto ampie. Questa fase ha l’obiettivo di collocare i masselli sul piano di allettamento secondo lo schema di posa prestabilito in fase di progetto.
  6. Primo inserimento dei giunti, ossia degli interspazi tra masselli tra loro adiacenti e tra masselli ed eventuali elementi di contorno.
  7. Vibrocompattazione del pavimento con macchina idonea, al fine di allettare i livellare i massetti autobloccanti e saturare parzialmente i giunti.
  8. Sigillatura finale dei giunti, una fase che, nuovamente, potrà avvenire in modo manuale o a macchina.

Quali sono i possibili schemi di posa delle pavimentazioni con masselli autobloccanti?

Esistono diverse geometrie o schemi di posa delle pavimentazioni con masselli autobloccanti, e dipendono essenzialmente dalla tipologia di masselli impiegati e dalle esigenze di progetto. Va da sé che la scelta dello schema di posa più corretto avverrà quindi in relazione ai formati, all’estetica finale da ottenere e soprattutto alla destinazione d’uso della pavimentazione.

Per esempio, nel caso di masselli autobloccanti con effetto anticato o destinati a contesti di particolare pregio storico, si potranno realizzare diverse geometrie di posatura – a coda di pavone, a correre, ad archi contrastanti, solo per citarne alcune – anche in funzione della varietà di formati disponibili (da quelli quadrati a quelli rettangolari, fino a quelli ottagonali).

In generale, va comunque ribadito che le linee guida di settore suggeriscono di evitare schemi di posa a giunti non sfalsati nel caso di pavimentazioni soggette a carichi veicolari. La ragione è legata al fatto che le ruote gommate tendono a muovere e a far ruotare i masselli, che dovranno pertanto contrastare tale sollecitazione con uno schema di posa corretto.

Per tale applicazione, si suggerisce invece una geometria a spina di pesce che risulti in diagonale di 45 gradi rispetto alla principale direzione di marcia: in questo modo, i masselli potranno contrastare adeguatamente la sollecitazione prodotta dalle ruote dei veicoli. La procedura da seguire prevede il fissaggio preliminare del reticolo di posa, un’operazione necessaria in special modo laddove siano previsti diversi formati di massello.

Al contrario, andrebbe invece evitato uno schema di posa a sorella, ossia con linee continue dei giunti nella direzione del traffico veicolare, perché frenate, sterzate e accelerazioni dei mezzi tenderebbero ad allargare alcuni giunti e a restringerne altri a causa dello slittamento orizzontale dei masselli autobloccanti.

Di norma, i masselli autobloccanti presentano profili distanziatori sulla superficie laterale al fine di facilitare l’accostamento tra diversi elementi e mantenere un’apertura costante dei giunti. Se i masselli fossero privi di distanziatori, sarà comunque necessario garantire al giunto un’apertura massima di 3 millimetri perché solo in tal modo la qualità autobloccante degli elementi potrà essere assicurata.

In fase di posa, i posatori dovranno mantenere inoltre un fronte aperto per l’installazione degli elementi successivi. Diversamente, si vedrebbero infatti costretti a un inserimento forzato dei masselli. L’inserimento dei vari elementi, lo ricordiamo, deve avvenire semplicemente per accostamento con l’ausilio di fili di inserimento posizionati a distanza di 4 o 5 metri, in senso longitudinale e trasversale all’avanzamento della posa. La correttezza degli allineamenti dovrà essere periodicamente accertata con l’ausilio di fili collocati secondo due direzioni ortogonali.

Laddove vi siano invece masselli che non possono essere inseriti integralmente, si dovrà procedere con un taglio a misura, purché con parti di massello non inferiori a un terzo del totale. In alternativa, si potrà procedere con un sistema di posa in adiacenza ai bordi.

Per concludere, particolare attenzione dovrà essere prestata alle finiture del pavimento in corrispondenza di caditoie o chiusine, dove è sempre preferibile un drenaggio lineare a canaletta.

Cubo: leader nella progettazione e posa di pavimenti in masselli autobloccanti

Cubo è l’azienda leader nella progettazione architettonica e strutturale e nella posa di pavimentazioni in masselli autobloccanti che risolvono le più diverse esigenze estetiche e funzionali. Lo studio del pacchetto strutturale, nel quale Cubo è esperta e altamente specializzata, rappresenta uno step fondamentale per una corretta realizzazione del manufatto, e prenderà in considerazione le caratteristiche specifiche dei carichi agenti, della tipologia di pavimentazione, della massicciata e del sottofondo.

Le soluzioni chiavi in mano di Cubo si rivelano perfette per le più svariate tipologie di pavimentazioni esterne in ambito residenziale, urbano, commerciale e industriale. La vasta esperienza e la competenza di sviluppata nel campo della progettazione di sistemi strutturali per pavimentazioni esterne assicurano l’attuazione impeccabile di progetti di ogni genere, sia quando semplici e lineari sia quando altamente strutturati e di complessità elevata. 

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